I rivali generosi, Venezia, Nicolini, 1697

 ATTO PRIMO
 
 Campo di Belisario attendato, città in lontananza.
 
 SCENA PRIMA
 
 OLINDO, ORMONTE in atto di battersi
 
 OLINDO
 Pria ch’Elpidia, la vita.
 ORMONTE
                                            Elpidia è mia.
 OLINDO
 No, fin che Olindo viva.
 ORMONTE
                                              E Olindo mora.
 OLINDO
 E col mio sangue il tuo si sparga ancora. (Si battono)
 
 SCENA II
 
 BELISARIO e li suddetti
 
 BELISARIO
 Principi, e qual furor, qual genio infesto
5al greco impero, a cui finor voi foste
 gran sostegno ed onor, v’agita? E spinge
 ne’ vostri petti il ferro?
 Quel ferro che dovria del sangue ostile,
 non ben anche satollo,
10berne gli ultimi avvanzi
 e a l’Ausonia troncar gli antichi ceppi?
 Già l’aquila latina
 apre l’ugne a squarciar di fronte al Goto
 il rapito diadema;
15ma se l’ira civile
 fa che nel proprio sen rivolga i rostri,
 quale il frutto sarà degli odi vostri?
 ORMONTE
 Sovrano eroe, che del maggior regnante
 le veci adempi...
 OLINDO
                                 E le virtù sostieni...
 ORMONTE
20Già vinto è ’l fiero Goto.
 OLINDO
 Già l’Italia a te deve
 l’antica libertade.
 ORMONTE
                                   Omai permetti
 che tronchi il nostro brando
 l’ire private.
 OLINDO
                          Ed i rivali affetti.
 BELISARIO
25Chiamisi Elpidia. Io ben più volte, o prenci,
 da’ guardi e da’ sospiri
 le brame vostre e gli odi vostri intesi.
 ORMONTE
 Alor che a te ricorse.
 OLINDO
                                        E ch’io la vidi.
 ORMONTE
 Io primier ne avvampai.
 OLINDO
                                                Primo m’accesi.
 ORMONTE
30Con l’incontro sperai de’ maggior rischi
 meritarne il possesso.
 OLINDO
                                           E questo ferro
 mi pende forse, inutil peso, al fianco?
 ORMONTE
 Che più oprasti di me?
 OLINDO
                                             D’esserti forse
 egual, se non maggior, poss’io vantarmi.
 ORMONTE
35E tanta egualità decidan l’armi. (Tornano per battersi)
 BELISARIO
 Si trascorre cotanto?
 E il rispetto si obblia? Dono quest’ire
 al vostro merto, al vostro amor ch’è cieco.
 Quetatevi o farò che da’ più cari
40il basso volgo a più temermi impari.
 Già vien Elpidia. Or essa
 le vostre risse ascolti e le componga.
 Penda ognun da’ suoi detti.
 Quanto è possente amor su’ nostri affetti!
 
 SCENA III
 
 ELPIDIA e li suddetti
 
 ELPIDIA
45Eccomi a’ regi cenni.
 BELISARIO
 Per te di fiamma eguale
 arde Ormonte ed Olindo. Il troppo affetto
 è per entrambi un incentivo agli odi.
 Tu li racheta, o principessa, e sciegli
50qual più t’aggrada. Il mio
 uffizio altrove or mi richiama. Addio.
 
 SCENA IV
 
 ORMONTE, OLINDO ed ELPIDIA
 
 ORMONTE, OLINDO A DUE
 Elpidia.
 ORMONTE
                  Ecco il momento
 dal mio cuor, da’ miei voti
 non so se più bramato o più temuto.
 OLINDO
55Ecco il fiero momento
 in cui dal tuo bel labbro,
 ove per fasto amor le faci accende,
 e la mia vita...
 ORMONTE
                             E il mio morir...
 A DUE
                                                             Dipende.
 ORMONTE
 Deh, se per te giammai
60sparsi pianti...
 OLINDO
                              Io sospiri...
 ORMONTE
 Se ’l cuor t’offersi...
 OLINDO
                                      Io l’alma...
 ORMONTE
 Porgi amica...
 OLINDO
                            E cortese...
 ORMONTE
 Supplice te ne priego...
 OLINDO
                                             Ed io divoto...
 ORMONTE
 In mio contento...
 OLINDO
                                   A mio favore...
 A DUE
                                                                Il voto.
 ELPIDIA
65Cuor, ch’è di gloria amante,
 è di affetto volgar troppo incapace.
 Solo un’alma plebea
 per sentiero di pianti e di sospiri
 di vil beltade al basso acquisto aspiri.
70Io, qual mi sia, ricerco
 prove da voi d’amor più grande. Udite.
 Oggi del vostro braccio
 han da sentir l’ultimo sforzo i Goti.
 Dov’è più grande il rischio, amor vi guidi;
75certo premio al più forte
 Elpidia sia, se pur v’è Elpidia a cuore.
 Così serva a la gloria il vostro amore.
 ORMONTE
 
    Il valor
                       di questo braccio...
 OLINDO
    Il vigor
 
 ORMONTE
 Proverò
                               quanto potrà.
 OLINDO
 Tenterò
 
 ORMONTE
80   Fra le stragi...
 
 OLINDO
                               In mezo al sangue...
 
 ORMONTE
 
 Tema...
 
 OLINDO
 
                 Senta...
 
 A DUE
 
                                 il Goto esangue...
 
 ORMONTE
 
 La grandezza del mio amore.
 
 OLINDO
 
 Il poter di tua beltà.
 
 SCENA V
 
 ELPIDIA
 
 ELPIDIA
 Ah rubella del cuor, lingua spietata!
85Proferir tu potesti
 la sentenza crudel? L’amato Olindo,
 trofeo de’ tuoi rigori,
 va tra le morti a ricercar la vita
 e tu mandi a ferir chi m’ha ferita.
90Vanne pur, di quest’alma
 dolce trionfator. Così secondi
 i tuoi colpi, i miei voti amor guerriero.
 Ma ogni falange ostile,
 de la tua spada a’ lampi,
95converrà che atterrita alfin trabocchi,
 quando pur la tua destra
 abbia appreso a ferir da’ tuoi begli occhi.
 
    Vanne, pugna e vinci, o caro,
 e dian fama al nostro affetto
100i trofei del tuo valor.
 
    Ma non guasti il crudo acciaro
 quell’imagine che in petto
 già t’impresse il dio di amor.
 
 SCENA VI
 
 Loggie reali che portano agli appartamenti di Rosmilda.
 
 VITIGE ed ALARICO
 
 VITIGE
 Alarico.
 ALARICO
                  Mio re.
 VITIGE
                                  Non v’è più spene.
105Già perduta è Ravenna e vinta cede
 la gotica fortuna.
 ALARICO
 Chi seco ha ’l suo valor non è mai vinto.
 VITIGE
 No, non m’aduli. Al primo assalto è forza
 che cada la città. Ma non è questo
110il fier de’ miei timori.
 La figlia sola, o dio!
 Sola Rosmilda è ’l mio tormento.
 ALARICO
                                                              (E ’l mio).
 Di lei che temi? Ella vivrà.
 VITIGE
                                                   Ma serva,
 ma d’empio vincitor preda lasciva.
115Questo, Alarico, questo
 l’estremo è de’ miei mali. Ah se ancor m’ami,
 se ancor fede mi serbi...
 ALARICO
 Chiedilo a l’opre mie.
 VITIGE
                                          Vanne ed alora
 che de le turbe ostili il fier torrente,
120vinti gli argini opposti,
 col piede vincitor la reggia inondi,
 vanne... Aimè! Che risolvi,
 empio mio cuor?
 ALARICO
                                  Che pensi?
 VITIGE
                                                         Ah no... Ma poi?...
 Sì vanne.
 ALARICO
                     Ove?
 VITIGE
                                  A Rosmilda
125e in quel fianco innocente... E dir lo posso?
 Sì. Il ferro immergi.
 ALARICO
                                        Che! La regia figlia
 svenar?
 VITIGE
                  Così ho risolto e così tento
 sottrarmi al disonor con un delitto.
 ALARICO
 (Io che Rosmilda uccida?)
 VITIGE
130Che rispondi?
 ALARICO
                             Esser puoi
 sì crudel col tuo sangue?
 VITIGE
                                               O morir deve
 o servir.
 ALARICO
                   Due gran mali.
 VITIGE
 Io d’entrambi per lei scielgo il minore.
 ALARICO
 (Ah per salvarla a me dia ingegno amore).
 VITIGE
135Che risolvi?
 ALARICO
                         Esser empio
 per usarti pietà.
 VITIGE
                                 Ruotin or gli astri
 sul cielo i miei disastri.
 Simulerò la mia sventura; e forse
 obbligherà l’insolito ardimento
140la nemica fortuna al pentimento.
 ALARICO
 Suonan le trombe.
 VITIGE
                                     È ’l segno
 del fiero assalto.
 ALARICO
                                 A la difesa io volo.
 
    L’oricalco strepitoso
 mi chiama al cimento.
 
145   Nel cuor generoso
 ei sveglia il coraggio
 ma non lo spavento.
 
 SCENA VII
 
 VITIGE
 
 VITIGE
 Vitige, e tu che pensi? Ovunque volgi
 il tuo pensier, perdite incontri e mali.
150Pensi al regno? È già d’altri.
 Al fratello? È già estinto.
 Alla figlia? Di vita
 poco le resta. Io sento
 che in Elpidia ti fermi e l’infedele
155ancor può meritar che tu l’adori.
 Dunque ad Elpidia ancora
 torniamo. A te, spietata,
 che da Roma fuggendo, ov’io t’accolsi
 più regina che serva,
160hai potuto lasciarmi e portar teco
 fra’ nemici guerrieri
 il più fiero terror de’ miei pensieri.
 Andiam... Ma per qual via, se ’l fiero goto
 mi cinge intorno?... A la grand’opra amore
165sia consigliero e guida. Odi, o Feraspe.
 Fuor de la porta Aquilonar te n’esci
 e impetuoso il fier nemico assali.
 Vanne e trionfa. Io con drappello eguale,
 donde il flutto vicin stagna in paludi,
170de le tende nemiche
 andrò furtivo ad occupare il tergo.
 Forse rapir la bella
 facil mi fia nel mal difeso albergo.
 
 SCENA VIII
 
 ROSMILDA e VITIGE
 
 ROSMILDA
 Amato genitor.
 VITIGE
                               Figlia. (O tormento).
 ROSMILDA
175Al periglio vicino
 quale scampo m’additi?
 VITIGE
                                               Il ciel provide.
 ROSMILDA
 Parmi fiero e superbo
 il nemico veder che di Ravenna
 empia di stragi ogni sentiero e porti
180sin entro a questa reggia incendi e morti.
 VITIGE
 A riparare io volo
 tante ruine.
 ROSMILDA
                         E sola
 qui resto in abbandono
 a le furie nemiche?
 VITIGE
                                      Invan le temi.
 ROSMILDA
185A le licenze ostili?
 VITIGE
 Pronto è ’l rimedio.
 ROSMILDA
                                      Io la servil catena
 stridermi intorno sento.
 VITIGE
 Per te non avrà nodi.
 ROSMILDA
 Scoppiar gl’impuri baci.
 VITIGE
                                               A l’aria, al vento.
 ROSMILDA
190E puoi lasciar, o dio!
 me tuo sangue, tua figlia e del tuo core
 unico oggetto, unica speme? E ’l puoi?
 Se mi lasci così, morta mi vuoi.
 VITIGE
 (Aimè! Qual entro al sen pietà mi scorre!
195Se più l’ascolto, perdo
 tutto il coraggio. Il sangue,
 la natura, l’amor quasi m’han vinto).
 Figlia, non paventar. Fra le sue spoglie
 il vincitor non conterà Rosmilda;
200né te le greche nuore
 mai segneranno incatenata a dito.
 Non paventar. Convien ch’io parta. Addio.
 ROSMILDA
 Se mi lasci così, morta son io.
 VITIGE
 
    In questo amplesso
205prenditi, figlia,
 l’ultimo addio.
 
    Tu resta in pace
 ch’io parto oppresso
 ma per te sola
210dal dolor mio.
 
 SCENA IX
 
 ROSMILDA
 
 ROSMILDA
 
    Padre, così mi lasci afflitta e sola?
 Se parti, e chi mi resta?
 
    Chi in pena sì molesta
 m’aita per pietà? Chi mi consola?
 
215Ma che tanto dolermi? E che pavento?
 Vanne, inutil timor. Virtù non manchi
 a chi manca fortuna. Ho cuor che basta
 a confonder i mali.
 Su, cada la città; trionfi il greco
220de le suddite stragi; e sia Rosmilda
 trofeo del vincitor. Tante sventure
 potran farmi infelice? Il cuor nel petto
 sento che si rinforza;
 e del primo terror quasi ha diletto.
 
225   Il rigor de le mie stelle
 schernirò con la constanza.
 
    Per confonder le mie pene,
 già del mal mi fingo un bene,
 del timor mi fo speranza.
 
 SCENA X
 
 ALARICO con ferro alla mano
 
 ALARICO
230Presa è Ravenna. Il vincitor nemico
 già ver la reggia inoltra i passi e l’ire
 sazia di stragi; e tu, mio cuor, che fai?
 Che risolvi di te? Vuoi la tua morte
 in quella di Rosmilda? Ah che a svenarla
235non ho lena bastante,
 del genitor meno crudele amante.
 Bella Rosmilda, e tu de la mia vita
 avrai quella pietà che ho della tua?
 Chi sa? Sperar mi giovi
240che una speme sì dolce e sì gradita
 a me dona un conforto, a te la vita. (Entra negli appartamenti di Rosmilda)
 
 SCENA XI
 
 ORMONTE con guerrieri, voce di ROSMILDA di dentro
 
 ORMONTE
 
    Festeggiatemi d’intorno,
 lieti amori.
 
    Io già miro in sì bel giorno
245intrecciarsi a le mie chiome
 dolci mirti e regi allori.
 
 ROSMILDA
 Ah crudel. (Di dentro)
 ORMONTE
                       Qual mi viene
 voce dolente ad impiagar l’udito!
 ROSMILDA
 Ferma lascivo. (Di dentro)
 ORMONTE
                               I gridi
250crescono e l’ardir cresce
 nel petto mio. V’è qualche rischio ancora
 degno del mio coraggio. Entrar vogl’io.
 Non vo’ che si quereli
 di sé stesso il mio cor.
 ROSMILDA (Di dentro)
                                           Soccorso, o cieli. (Ormonte entra negli appartamenti di Rosmilda)
 
 SCENA XII
 
 Fiume con ponte. Da una parte palagio con tende in lontananza, dall’altra campagna con bosco.
 
 VITIGE con soldati
 
 VITIGE
255Or che ’l campo nemico
 parte nel fiero assalto e parte inteso
 sta di Feraspe a ributtar gl’insulti,
 ite, o fidi guerrieri. Entro a que’ muri
 è chiusa la beltà che m’imprigiona.
260In onta de’ custodi
 o mal cauti o dispersi o disarmati,
 rapite Elpidia e nulla
 vi frastorni da un’opra a me sì cara,
 o vil timore o cupidigia avara. (Parte de’ soldati di Vitige va a rapire Elpidia e parte resta con Vitige)
 
265   Quando il ciel mi vuol estinto,
 mi prepara amor contenti.
 
    Perdo il regno e perdo il trono;
 ed amor con un suo dono
 risarcisce i miei tormenti.
 
 SCENA XIII
 
 ELPIDIA, condotta a forza da’ soldati, e VITIGE
 
 ELPIDIA
270Che più state oziosi
 a vendicar tanta insolenza, o numi?
 VITIGE
 Pur sei mia.
 ELPIDIA
                          Fier oggetto
 non è, che ben lo veggio,
 de’ miei mali il maggior l’esser rapita.
 VITIGE
275Più non mi fuggirai.
 ELPIDIA
 
    Sommi dei che giusti siete
 per terror de l’impietà,
 proteggete
 l’innocenza e l’onestà.
 
 VITIGE
280Eh che il ciel non t’ascolta.
 ELPIDIA
 Iniquo.
 VITIGE
                 Invan mi sgridi.
 Qui ogn’indugio è periglio. Andiamo, o fidi. (Passano tutti il ponte, quale per ordine di Vitige è tagliato da’ soldati)
 Tosto il ponte s’atterri. E tu vien meco.
 ELPIDIA
 Ove, o spietato?
 VITIGE
                                A ricercare in questo
285inospito terrore
 se v’annida di te fiera più cruda.
 ELPIDIA
 Se vuoi mostro peggior, prendi il tuo cuore.
 VITIGE
 Elpidia, non temer che ’l labbro mio
 rimproverar ti voglia
290i miei doni, i tuoi sprezzi e la tua fuga.
 Da l’ire mie non aspettar vendette,
 che basta a disarmarle
 un sol che tu rivolga
 ver me pietoso sguardo;
295solo de l’amor mio...
 ELPIDIA
                                        Questo è quel solo
 che mi fa più d’orror. Dimmi più tosto
 che hai pene a tormentarmi,
 che hai ferro ad isvenarmi;
 saranno più innocenti
300sempre de l’amor tuo piaghe e tormenti.
 VITIGE
 Ne le perdite mie, vedi, tu sola
 basti a farmi felice e nel tuo volto
 io cerco le discolpe al mio destino.
 ELPIDIA
 Vane lusinghe.
 VITIGE
                              Elpidia mia.
 ELPIDIA
                                                       Tu menti.
 VITIGE
305T’obbliga ad esser mia legge di guerra.
 ELPIDIA
 Ma non legge d’amore.
 VITIGE
 La tua vita, o crudele,
 pende da un cenno mio.
 ELPIDIA
                                               Ma non il cuore.
 VITIGE
 Sei troppo ria.
 ELPIDIA
                              Tu troppo iniquo.
 VITIGE
                                                                Pensa
310che ti può la fierezza
 esser cagion d’affanni.
 ELPIDIA
 Non so temer.
 VITIGE
                             Ti placherai.
 ELPIDIA
                                                      T’inganni.
 
    T’inganni, se pensi
 potermi placar.
 
315   Il giusto furore,
 che m’arde nel petto,
 ricetto ha nel cuore.
 Svenami il cuor che forse
 tu mi vedrai cangiar. (Entra nel bosco. Vitige la segue)
 
 VITIGE
320Invan ti priego e tu mi fuggi invano.
 
 SCENA XIV
 
 Atrio regio.
 
 BELISARIO ed OLINDO con seguito
 
 OLINDO
 
    A la gotica fierezza
 cadder l’armi. Italia esulta.
 
    Può sicuro il tuo bifolco
 trar riposo in mezo al solco,
325che rimbombo strepitoso
 più nol turba e non l’insulta.
 
 BELISARIO
 Al tuo valor degg’io, principe invitto,
 vittoria e libertà. Meco cadea
 il greco ardir; ma del tuo ferro un lampo
330mi troncò i nodi, abbagliò i Goti e solo
 nel maggior duce hai sostenuto il campo.
 OLINDO
 Se vinto è ’l Goto audace,
 se Italia ha scosso il giogo e se alfin doma
 è costretta Ravenna
335oggi a piegar l’ardua cervice a Roma,
 forza è di tua virtù, cui tutto cede.
 Io per me sol oprai
 ciò che dovea, ciò che potea mostrarmi
 degno d’amar Elpidia; e al par d’Ormonte
340forse le mie ragioni
 di mille rischi oggi sostenni a fronte.
 
    Quell’ardor che ho in petto accolto
 lena accrebbe al mio vigor;
 
    e pugnando
345per l’acquisto d’un bel volto,
 al mio brando
 diè le tempre il dio d’amor.
 
 SCENA XV
 
 ORMONTE, ROSMILDA, ALARICO con seguito di guerrieri e di schiavi e li suddetti
 
 ORMONTE
 Belisario, io primiero
 de le mura contese
350assalitor feroce,
 superai le difese.
 Io de l’aquile altere
 primo piantai le sì temute insegne.
 Ecco ostili bandiere,
355ecco spoglie, ecco schiavi e di Vitige
 ecco il duce maggiore ed a’ tuoi piedi,
 per tua gloria suprema,
 ecco la regal figlia, ecco il diadema.
 ROSMILDA
 (Che bell’orgoglio!)
 BELISARIO
                                      Al gran valor d’Ormonte
360ogni rischio è vittoria;
 e al suo nobil destin serve la gloria.
 ROSMILDA
 Duce invitto de’ Greci...
 ALARICO
 Eroe maggior di quanti...
 BELISARIO
 Sorgete.
 ROSMILDA
                   A te, signor...
 BELISARIO
                                             L’alto tuo merto
365m’è noto, o principessa.
 Sorgete, che non dee varia fortuna
 né voi miseri far né me superbo.
 ORMONTE
 Chi per te finor vinse a te richiede
 sola Elpidia in mercede.
 OLINDO
370Ormonte, assai facesti
 ma non tanto ch’io ceda. Elpidia al pari
 di te chieder poss’io.
 ORMONTE
                                         V’è chi per anco
 un premio a me contrasti.
 Quai sono i tuoi trionfi? Ove pugnasti?
 OLINDO
375L’opre tue sono illustri;
 ma saranno le mie degne di sprezzo?
 ORMONTE
 Cedono al paragone.
 OLINDO
                                        A te cotanto
 decider non s’aspetta.
 ROSMILDA
 (Più che Ormonte rimiro, ei più m’alletta).
 ORMONTE
380Del tuo valore e de la gloria mia
 giudice abbiamo un Belisario.
 OLINDO
                                                         Ei sia.
 ORMONTE
 Eroe sovrano...
 OLINDO
                              E invitto...
 ORMONTE
 Che non oprai per acquistarti un regno?
 OLINDO
 Qual rischio non tentai per tua difesa?
 ORMONTE
385Io di Ravenna espugnator primiero.
 OLINDO
 Io di Feraspe abbattitor felice.
 ORMONTE
 Non cadea la città senza il mio ferro.
 OLINDO
 Non vivea ’l capitan senza il mio brando.
 ORMONTE
 Io vinsi e i miei trionfi
390ebbero per teatro il muro ostile.
 OLINDO
 I miei per testimonio il duce istesso.
 BELISARIO
 Da’ vostri merti io sol rimango oppresso. (Vien presentata una lettera a Belisario, quale in da lui leggendosi ognuno tace)
 Principi, qui gara d’onore indarno
 vi trattiene in contese. Il fier Vitige
395in Elpidia v’usurpa
 il premio a sì grand’opre. Or or dal campo
 così mi scrive il general Fernando.
 ORMONTE
 Inutili sudori.
 OLINDO
                             Iniqua sorte.
 ORMONTE
 Io ne volo a l’acquisto.
 OLINDO
400Ma s’Elpidia è perduta, io vado a morte.
 
 SCENA XVI
 
 BELISARIO, ROSMILDA ed ALARICO
 
 BELISARIO
 Principessa, Alarico,
 che nemico io vi sia, nulla vi affanni;
 se siete in mio poter, liberi siete.
 Tu, Alarico, il tuo duce e tu, Rosmilda,
405non cangi dignità, cangi vassalli.
 E credi che se un dì propizia sorte
 mi darà in mano il genitor Vitige,
 forse non si dorrà che da le chiome
 gli abbia tolto il diadema e di nemico
410non vedrà in Belisario altro che ’l nome.
 ROSMILDA
 La memoria di tanti
 tuoi favori il cuor mio
 per te, gran vincitor...
 BELISARIO
                                          Non più, Rosmilda;
 seguimi, o duce, e tu rimanti; addio.
 
 SCENA XVII
 
 ROSMILDA
 
 ROSMILDA
415Rosmilda, eccoti sola.
 Genitor, libertà, sudditi e regno,
 tutto perdesti; anche il mio cuore, o dio!
 sento, non è più mio.
 Gratitudine fia, fia genio o fato,
420tu mel rapisti, Ormonte, ed io tel devo.
 Scritta ti vidi in volto
 l’alta necessità de l’adorarti.
 Poicch’è forza l’amarti,
 sì, t’amerò; ma non saprai ch’io t’ami.
425Celerò quell’affetto
 che tacciuto è dolor, scuoperto è colpa;
 staran ne l’alma occulte
 le piaghe mie fatali;
 e tu, bel feritor, tu non saprai
430tutti gli acquisti tuoi, tutti i miei mali.
 
    Ormonte, io t’amerò;
 ma al labbro vieterò
 il dirti che t’adoro.
 
    Sol l’occhio in libertà
435far fede ti potrà
 che per te moro.
 
 Segue il ballo de’ goti schiavi.
 
 Fine dell’atto primo